Salt of Life

14 Feb 2021

L’occhio del padrone ingrassa il cavallo

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Il proverbio di oggi si presta a più interpretazioni.
La prima, quella tradizionale, è un invito a prendersi cura personalmente delle proprie cose. La seconda, quella più biricchina, è un monito: delegare qualcuno che si prenda cura delle nostre cose potrebbe non essere una buona soluzione. Non so voi a quale delle due interpretazioni vi sentite più vicini. Io scelgo la prima. La trovo più aderente. Anche se sono consapevole che ci sono situazioni nelle quali delegare è necessario. E, come si dice a palazzo: bisogna stare sulla fiducia. Johnny Dorelli al secolo Giorgio Domenico Guidi – ottuagenario di razza di cui il figlio Gian Luca tanto ricorda i tratti della sua giovinezza – dal 1969 al 1975 fu il testimonial di un noto prodotto caseario.
Lo slogan pubblicitario – penso qualcuno lo ricordi – diceva così: “La fiducia è una cosa seria e Galbani vuol dire fiducia”. La domanda che pongo, aldilà dello slogan, è: il concetto è ancora attuale oppure provoca un ilare il sorriso?
Io ritengo che la fiducia sia ancora una cosa seria.
Però gradirei che anche per gli abitanti del pianeta fosse una cosa seria.
Sebbene mi considero un “articolo per amatori” non sono un restauratore ideologico. Tanto meno appartengo della categoria dei nostalgici seriali.
Entrare nella modalità “amarcord” – senza nulla togliere al pluripremiato film di Fellini – non è mai stata una mia prerogativa.
Amo l’innovazione e la modernità. Però ho la convinzione che i grandi valori non subiscano l’usura del tempo.
Quelli sono inossidabili e conservano inalterata tutta la loro freschezza; come un bocciolo di rosa inebriato dalla rugiada mattutina. 
Tuttavia prestare attenzione a chi si affida la delega non è solo una salvaguardia personale, ma un accorgimento necessario per mantenere integro il concetto dell’affido.
L’onorevole Giulio Andreotti, stratega navigato e dotato di sottile ironia, a proposito della fiducia pronunciò un Detto che diventò virale.
“Pensar male delle persone non è bene, ma spesso si indovina”. Questo non significa che bisogna vivere assillati dalla paura che la fiducia sia mal riposta. O entrare nella ripetitiva ossessione del controllo.Però, un conto è promettere amore e fedeltà eterna dinnanzi al Ministro, ben sapendo che le variabili del tempo possono mettere a dura prova le parole dette.
Un altro è fare la stessa promessa quando hai scelto come testimone di nozze il tuo amante. [Fatto documentato ndr]

L’imprevedibilità della vita non è garanzia di certezze assolute. Se non quella che il giorno destinato al passaggio nell’altra dimensione è già stato fissato.
Per tutto il resto le soluzioni possono essere tante. Per esempio, la via dell’indulgenza. Un atteggiamento resiliente, da non confondersi con il compromesso.
Come si legge nel vocabolario Treccani, da me più volte citato.

Indulgenza: benevola disposizione d’animo, per cui si è portati a scusare l’altro e a perdonarne le colpe.
Compromesso: transazione di accomodamento tra le parti per trovare un accordo. Oppure: messo in pericolo, o danneggiato.

Essere indulgenti significa cercare una soluzione riparatrice. Soprattutto quando vale la pena mantenere in piedi un rapporto e conservarne l’essenza.
Come si usa fare in Giappone. Quando si riparano i preziosi oggetti di ceramica che si sono rotti, con la tecnica del Kintsugi.
Una pratica antica che consiste nel riparare un oggetto rotto, al quale si attribuisce un valore reale o simbolico. Utilizzando oro o argento liquido, mescolato alla lacca, per saldare i vari frammenti.

L’intervento permette di ottenere un nuovo oggetto che diventa prezioso. Per la presenza dell’oro e per l’estro creativo. Così all’oggetto è data una nuova vita.
Cambiare non vuol dire necessariamente buttare ciò che si rompe, ma imparare a riparare la cosa con cura, ricordando la storia dell’oggetto.

La notizia mi rincuora e riaccende in me una nuova speranza. Magari non sono ancora da buttare, se posso essere “finemente” riparato.
Tuttavia, un dubbio mi assilla. Non so se anche qui in Italia il concetto della “riparazione resiliente” ha lo stesso valore simbolico del Giappone.

Mi dovrò documentare. E se così non fosse, posso sempre fare un viaggio esplorativo nell’isola di Shikoku, approfittando della fioritura dei ciliegi.

Certamente non avrò gli occhi a mandorla. Però, chissà mai che la diversità possa trasformarsi in un valore aggiunto.
Sayonara!*[*Se è così]

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