Salt of Life

10 Ott 2020

Risus abundat in ore stultorum

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boccaRisus abundat in ore stultorum: Il riso abbonda sulla bocca degli stolti.

Ah! Oggi scomodo addirittura il latino e mi do delle arie, come i mulini a vento di Miquel de Cervantes.

Ho scelto questo proverbio perché quotidianamente vedo – o immagino di scorgere dalle mimiche facciali nascoste sotto i bavagli; anche se gli occhi non mentono – atteggiamenti in cui non c’è l’ombra di un sorriso.

Quando scendo nell’arena percepisco solo la tensione che preme, come le corde tese di un violino che sfidano la resistenza dei Piroli.

 

Nonostante il “distanziamento sociale” strombazzato in ogni dove, (manco fossimo tutti sordi e imbecilli) al minimo cenno rilevato come segno di prossimità, le reazioni stizzite si destano e mi allarmano.
Non entro nel merito dell’utilità del proclama – perché non sono erudito in materia come si dice siano i titolati membri della task force(?!); però ho una testa pensante – ma mi viene il dubbio che, forse, ci troviamo di fronte a una spersonalizzazione pilotata e a un abbruttimento di massa.

Contingenze a parte, mi sono reso conto che il riso – non il Carnaroli vanto delle coltivazioni vercellesi – e il sorriso non si manifestano più sui nostri volti.

Siamo diventati saggi tutto d’un botto oppure c’è dell’altro?

I quotidiani hanno cancellato l’angolo della satira – quanto mi manca Forattini e le sue freddure corrosive – e la TV non dispensa più momenti di “sano” divertimento. Nemmeno tra un bollettino di guerra e un altro a scanso di profanare il lutto.

Fatta eccezione per pochi programmi d’intrattenimento, (di cui non cito il nome per non essere di parte) tutti altri deragliano nel volgare turpiloquio alla ricerca dell’approvazione popolare, che nulla a che spartire con “l’arte” del far ridere. Considerando che Mr. Bean c’è riuscito benissimo, senza nemmeno spiaccicare una parola.
E la colpa non è da attribuirsi solo ai performers, perché loro non hanno fatto altro che adattarsi alle usanze del pubblico: distratto dal presente multifunzionale, che non ha più alcun punto di fuoco.

In altre parole: non sappiamo più fare una cosa per volta senza distrarci.

Pare che il Detto latino sia stato coniato nel medioevo dai signori del sapere, i quali reputavano che ridere fosse una perdita di tempo; oltre che una manifestazione inadatta alla loro posizione sociale.
Anche nei Vangeli ufficiali si legge che Gesù non ha mai sorriso, perché non si addiceva al suo stato.
Tesi smentita dai vangeli apocrifi – di cui lascio a voi l’attestazione di credibilità, mentre io mi limito alla sola citazione – che descrivono momenti conviviali dove le labbra del Cristo furono separate dal sorriso.

In quanto a me, preferisco affrontare la vita col sorriso anziché abitare il presente con cipiglio burbero o saccente distacco.
Ma questo non vuol dire che sia una persona stolta, tantomeno abborracciata.
Lo sanno bene gli amici cari e i miei ex allievi – a cui devo un sincero grazie per l’accoglienza – che hanno sperimentato il piglio deciso, negli anni in cui sono stato il loro insegnante. Anni dove la cattedra era rappresentativa, e in certi momenti diventava la ribalta delle mie ilari performances.

È stato provato che per tenere il broncio bisogna movimentare 72 muscoli facciali, mentre per regalare un sorriso ne bastano 12.

Allora, se non altro per evitare lo spreco: sorridiamo! Il sorriso non pagherà certo la bolletta del gas però ci consente un bel risparmio funzionale.

A proposito di sorriso: come non citare il dottor Adams Hunter – conosciuto con il nome di Pach Adams – che del sorriso ne fece una pratica resiliente.
Per sé stesso e per gli altri, diffondendo nelle corsie degli ospedali – in particolare quelli infantili – la “cura del sorriso”.
Eredità raccolta da numerosi medici e operatori sanitari che tutt’ora si dedicano alla clown terapia, ai quali va il mio sincero plauso.

Il sorriso è un gesto semplice, che diventa un’arma efficace per combattere coloro che ci opprimono:
con la forza del braccio o dall’alto dei loro altisonanti moniti pretestuosi.

Perché di fronte al sorriso la loro sicumera si sgretola come un fondale di cartapesta imbibito dalla pioggia settembrina.

Un sorriso non è solo lo schiudersi del labbro perché, se il cuore non sorride, diventa un esercizio meccanico.
Ma quando anche il cuore sorride, l’autenticità del gesto è palpabile nonostante la bocca sia oscurata…

Però, pensandoci bene. Ricordo che al Detto citato manca una parte: “Sed semel in anno licet insanire” che significa: almeno una volta l’anno è lecito fare pazzie.

E se le pazzie le fai più volte l’anno, vuol dire che stai mettendo in pratica il proverbio con pedissequa dedizione, oppure che sei già oltre la linea di non ritorno e ti sei fumato parte delle sinapsi.

C’è da non dormirci la notte.

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