Salt of Life

5 Ott 2018

Intime risonanze

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Intime risonanze e nuovi modelli: un viaggio salvifico alla riscoperta di echi lontani, ancora attuali.

Scartabello distrattamente in una scatola di latta adornata con palme esotiche, emblema delle mitiche caramelle Sirca, trovata in un angolo dello sgabuzzino quando fa capolino una fotografia a colori un po’ sgualcita.

L’immagine è un gruppo di ragazzetti seduti in cerchio sotto un faggio. Uno di loro ha la chitarra tra le mani. Una rapida carrellata e poi il mio sguardo si dirige su un giovincello dalla chioma biondiccia un po’ arruffata. Avvicino la foto, focalizzo il soggetto e sbotto: ma….quello sono io!

In una frazione di secondo mi sento risucchiato dallo Stargate e mi ritrovo là a rivivere quell’evento, che ora definirei magico mentre allora era una consuetudine. Condividere il piacere del canto nella semplicità di una domenica primaverile passata con gli amici e sentirsi appagati da questa energia vibrante che sgorga dall’intimo, era una pratica diffusa a quel tempo.

E “condivisione” non era solo una parola scritta nel giornalino scolastico bensì un concreto momento di scambio, che attraverso il canto vive la sua epifania. Il canto apre il cuore, fertilizza la mente, illumina le urfide giornate e ci riporta alla vita. Quella vera, dove anche il grigio quotidiano può diventare una caleidoscopica esplosione di colori.

Quando per strada come sui mezzi pubblici incontro volti accigliati e labbra serrate, prova tangibile che si vive in perenne chiusura difensiva, mi chiedo quale possa essere l’origine del disagio. Ma, al tempo stesso, ho la convinzione che il canto ristoratore non è più parte del nostro viver quotidiano, altrimenti non saremmo ridotti così. Che peccato, non riuscire a beneficiare del potere curativo di questa inesauribile gratuita risorsa. Un tesoro che è in noi e fa parte di noi fin dalle origini. La più alta espressione dell’essere riconosciuta come tale dalle civiltà presenti in ogni epoca e paese, fuorché nel nostro.

Chissà, forse l’uomo tecnologico così indaffarato a produrre, pensa sia uno spreco di tempo dedicarsi al canto. O magari è convinto che perdersi in tali romanticherie sia ormai una pratica superata.
Non ho idea quale possa essere l’ipotesi più corretta però un’evidenza campeggia a vista; oggi c’è chi preferisce stordirsi con prodotti sonori di dubbio gusto, trasmessi da gigantesche cuffie ingombranti poste sul capo, pur di non ascoltare l’eco delle intime risonanze.

Oggi c’è chi ti invade con l’eco irriverente di mille suonerie, che starnazzano come garrule comari da cellulari e smart phone. Un vero sfoggio di ampollosa abitazione residenziale alla faccia del buon gusto. Si perché il neo-quadro come il broker rampante deve sbandierare ai quattro venti che lui è richiestissimo dal mercato, come se fosse l’ultima compilation in vetta alla Hit Parade. Lui e il suo androide sono un tutt’uno. Non se ne separa mai; nemmeno quando recita le preghiere della sera. Fedele al protocollo è sempre pronto a rispondere alla chiamata, come il bravo soldatino ha giurato obbedienza “sine die”.

Rileggendo da capo il testo ammetto che posso sembrare un nostalgico brontolone. Ma se mi è permesso chiedere, salendo in treno vorrei sentire ancora l’eco di quei cori abborracciati, intonati con foga da un gruppo di amici sorridenti, piuttosto che essere invaso dalla radiocronaca dettagliata e insolente di un incontro libertino di cui: “francamente me ne infischio”!

E affacciandomi al balcone in un pomeriggio estivo mi piacerebbe risentire Oj Marì, cantato con molta fantasia lessicale dalla mia dirimpettaia di un tempo, piuttosto che essere invaso da quei suoni martellanti che debordano, fino a tarda sera, dalle casse acustiche del pub sotto casa.

Sarà perché la mia zazzera ha qualche riflesso perlato.
Sarà perché devo tenere a bada l’incipiente curva del benessere con un’alimentazione francescana.
Sarà perché devo arginare i primi segni di cedimento strutturale con una tonificante attività ginnica.
Può darsi. Però, state certi: questo non è l’inizio di un inesorabile declino psicofisico, questa è solo una riflessione ad alta voce.

Nonostante tutto, in un angolo del mio essere alberga sempre lo spirito burlone di un discolo folletto.

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